Non si può strutturare un’analisi seria sulla condizione sulla condizione del Partito Democratico di Basilicata senza una premessa che collochi questa riflessione nella più ampia analisi sullo stato dei corpi intermedi nella nostra società.
Senza dilungarmi, la fine della società di massa novecentesca, la divaricazione sempre crescente tra il popolo e le élite politiche (vedi astensionismo e populismo) ha reso i partiti, pressoché in tutto il campo delle liberal-democrazie, strutture in crisi, ridotti a ceto politico che attua il principio di autoconservazione. Nessuna apertura, quasi nessun confronto con la società, zero dibattito vero.
Credo che il PD Basilicata non solo sia profondamente inserito in questo schema, ma sia in uno stato avanzato di degradazione (mentre leggete ripassate con la mente le disfatte degli ultimi mesi, anni).
Da un lato i gruppi dirigenti della conservazione dall’altro il rampantismo di ceto politico che vuole di più. Questa è la lettura. Se si vuole approfondire si potrebbe sfogliare i verbali delle direzioni e delle assemblee regionali, lunghe ore di dibattito nelle quali vi era un grande assente: la Basilicata. Una discussione totalmente incomprensibile per chi non è interno alle logiche del partito. Dirigenti festanti per l’eliminazione di questo o quel competitor, nulla importa se si perdono pezzi di partito. Homo homini lupus.
La logica dell’individuo che prevale sulla comunità.
Che fare? Quale prospettiva? Non mi arrendo all’idea che il declino non si possa combattere. Tocca a chi ama la Politica individuare una pars construens.
Sento voci di commissariamenti a lungo termine o di accordi vecchio stile in Assemblea, entrambe soluzioni già sperimentate.
Nè la salvifica intercessione di un papa straniero, nè tantomeno il ricorso al bilancino possono smuovere lo stagno del Pd Basilicata.
Serve un’azione forte che ci riconnetta con la società lucana, che ci riporti ad un sano dibattito interno, ad un rinnovamento dei metodi.
Al vuoto della politica di risponda con il pensiero e la democrazia.
Un congresso sì, ma aperto, includente, che superi i signori delle tessere e la chiusura nelle stanze del partito.
Apriamoci, diamo nuova linfa e nuovo respiro alla nostra comunità